«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo»

«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo,
e pone nella carne il suo sostegno,
allontanando il suo cuore dal Signore.
Sarà come un tamarisco nella steppa;
non vedrà venire il bene, 
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore
e il Signore è la sua fiducia.
È come un albero piantato lungo un corso d’acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi,
nell’anno della siccità non si dà pena,
non smette di produrre frutti 
Niente è più infido del cuore 
e difficilmente guarisce!
Chi lo può conoscere?
Io, il Signore, scruto la mente 
e saggio i cuori,
per dare a ciascuno secondo la sua condotta, 
secondo il frutto delle sue azioni».

Anna Maria De Matteis, la “preghiera forte” e Medjugorje

E’ noto che la razionalità, unita alla rettitudine, porta sempre a Dio. Ed è questo l’asse portante di questo Sito: fede e ragione non sono incompatibili, anzi. Lo hanno detto nei secoli fior di pensatori (un nome su tutti: Anselmo d’Aosta) e poi Madre Chiesa – che è Mater e Magistra– ce lo ha ricordato nella splendida Fides et Ratio che proprio in questo mese compie 25 anni. (CLICCA QUI) .

Senza alcun indugio, pertanto, ospitiamo in questo Sito – che si chiama Recta Ratio ed è fiero del suo bel nome- una breve riflessione dell’Ins. Anna Maria De Matteis, già Presidente dell’OVE nonche fondatrice e Presidente della Associazione Culturale “Verità è Libertà” (qui ulteriori info su di lei).

Diamo quindi la parola alla De Matteis ma – e ci mancherebbe altro- prima le Celesti parole dell’Immacolata e Madre di Dio. Si, perchè la riflessione è proprio riguardante il messaggio che la Regina della Pace ha donato al mondo intero – ed alla Chiesa- tramite la veggente Marija Pavlovic Lunetti e la Parrocchia di Medjugorje.

Queste le parole della Vergine Santa:

Cari figli! Vi invito alla preghiera forte. Il modernismo vuole entrare nei vostri pensieri e rubarvi la gioia della preghiera e dell’incontro con Gesù. 
Perciò, cari figlioli miei, rinnovate la preghiera nelle vostre famiglie affinché il mio cuore materno sia gioioso come nei primi giorni quando vi ho scelti e la risposta era la preghiera giorno e notte ed il cielo non taceva ma ha donato in abbondanza a questo luogo grazie, pace e benedizione. Grazie per aver risposto alla mia chiamata

Ed ora, buone ultime le (belle) parole di Anna Maria De Matteis :

Maria ci invita alla “preghiera forte” !!!
Cosa intende per “preghiera forte”? Non usa l’aggettivo “profonda”, oppure “intensa”, oppure “accorata”…ma “FORTE” ! Si, amici, volevo invitarvi a fermarvi e a riflettere su questo “forte” aggettivo (scusate il gioco di parole).

C’è bisogno urgente di una “forte” preghiera, forse perchè “fortemente” compromessa è la situazione della nostra Umanità?
Maria vede lontano, vede oltre, vede ed è preoccupata per noi, suoi figli!
“Pregate “forte” per non cadere in tentazione” , esortava Gesù ai suoi apostoli . “Ho pregato per te Pietro….”

Maria ci avverte da buona Madre: Non c’è più tempo per tergiversare su pensieri, parole vuote, filosofismi aridi e divisori…ma è tempo della preghiera “forte”, della prostrazione umile e sincera davanti a Dio, per chiedere perdono dei nostri peccati, per chiedere a Lui la forza per superare le tentazioni, per ringraziarlo dei beni ricevuti. “Ritorniamo a Lui con tutto il cuore”, ecco il vero significato dell’aggettivo “forte”.

Solo una preghiera costante, vera e sincera, “con tutto il cuore , con tutta la mente, con tutte le forze” il Signore Dio potrà salvarci.

L’immenso Rosmini

La grandezza e la santità di Antonio Rosmini restano ancor oggi in un inspiegabile ombra. Vero che il suo “Adorare – Tacere – Godere” vige ancora, e però….

Prima di provare, nel nostro piccolo -ma davvero piccolo piccolo- a “fare qualcosa” ecco che si vuole ricordare che il Sacerdote (e Fondatore di Congregazioni) Antonio Rosmini è un Beato della Chiesa. E che è uno dei pochissimi pensatori citati esplicitamente nella Fides et Ratio”, la superlativa Enciclica di Giovanni Paolo II .

La Beatificazione ha concluso il lungo percorso che vide complesse e spesso dolorose vicende, sorte già durante la vita di Rosmini, con giudizi, interpretazioni positive e negative sul suo pensiero esposto nei suoi innumerevoli scritti, che originarono quella che fu chiamata la “Questione rosminiana”, proseguita anche dopo la sua morte, avvenuta il 1° luglio 1855, e che ha avuto termine con la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede sul valore dei decreti dottrinali concernenti il pensiero e le opere del Rev.do Sacerdote Antonio Rosmini Serbati, del 1° luglio 2001.


Mai una gioia?

ELOGIO DELLA SOLITUDINE

Prima di tuffarsi nelle fatiche del nuovo anno scolastico –con tutte le incognite che ciò comporta soprattutto in questo annus horribilis– la professoressa Cappello ci fa dono di una sua riflessione sulla solitudine. Ne consiglio la lettura poiché, com’è suo stile, lo scritto è agevole e persino coinvolgente. Buona lettura e buona ripresa delle attività ordinarie! (cdm) 

BEATA SOLITUDO

ELOGIO DELLA SOLITUDINE

di Maria Rosaria Cappello

Parto da un aneddoto: ero ancora giovane, era estate  e attraverso un sms mi lamentai dello stato di solitudine di cui soffrivo. Mi risposero con una massima: “ Beata solitudo, sola beatitudo”. Confesso che ci restai male…

Maturando ho imparato ad apprezzare la solitudine: vuoi per le vicende personali, vuoi perché comunque di mio sono una timida e un’introversa, vuoi perché le mie passioni mi fanno buona compagnia. Mi capita, a volte, di essere in compagnia e di isolarmi  per un po’. Specie se c’è confusione e chiasso. Alcune delle mie poesie son nate in momenti così…

Le nostre spiagge, meravigliose ma così caotiche, al tramonto si trasformano in luoghi di quiete quasi irreale, perfetti per fantasticare e, addirittura, meditare. Sì, meditare! L’Espressione latina «o beata solitudine, o solitaria beatitudine», da attribuirsi probabilmente a san Bernardo di Chiaravalle ( o a un autore posteriore),  esalta la perfetta serenità spirituale che si può trovare soltanto nel silenzio e nell’isolamento della vita monastica; ma è anche  usata per esprimere un intenso desiderio di pace e di quiete, che spero si possa conquistare non solo separandosi dal mondo e dagli altri nella solitudine, perché abbiamo tutti i nostri doveri e le nostre mansioni nel mondo civile.

Nel nostro parlare quotidiano, il termine solitudine assume, in effetti,  una connotazione negativa e si affianca al concetto di depressione e al disagio esistenziale. La solitudine è temuta, è  un’esperienza da rifuggire il più possibile, addirittura una maledizione causa di numerose patologie psichiche e sociali che attanagliano la nostra società postmoderna perché si sottrae all’ascolto e quindi alla relazione con l’altro da sé.

La solitudine, al contrario, è una scelta, momentanea o definitiva, che spinge ogni individuo a venire a contatto con la parte più profonda e intima del suo io e con ciò che lo circonda fino ad abbracciare l’intero universo. È il piacere di riscoprire la propria interiorità e aprirla agli altri.

La solitudine è, in altre parole, un modo per fare pace con se stessi, e solo coltivando la pace interiore è possibile aprirsi a ciò che è altro da noi, con tolleranza e comprensione, pronti all’ascolto che non vuol dire accettazione passiva di ogni idea, perché ciò che è sbagliato o immorale resta sbagliato e immorale. Perché il buon cristiano unisce la carità alla correzione fraterna.

Conosco almeno una persona che a questo punto obietterà :” E Dio? Finora non ne hai parlato!”.

Associo silenzio e solitudine all’episodio del profeta Elia che avvertì la presenza di Dio nel silenzio.

Sfogliando le pagine dei Vangeli, troviamo spesso Gesù che la sera prima del riposo notturno,  o prima che il buio della notte ceda il passo alle prime luci dell’alba, si ritira sul “monte” o “in luoghi solitari” per pregare.

Silenzio, dato dai tempi scelti (notte o alba), e solitudine sono due elementi importanti per la preghiera di Gesù, spazio in cui Egli si mette in ascolto profondo del Padre e di se stesso, trae la forza per vivere il Suo ministero e la sua missione fino in fondo. Silenzio e  solitudine per pregare  erano propri anche di Sua, Nostra Madre, la Vergine Maria. E di tanti Santi.

Oserei affermare  che nella preghiera vissuta nel silenzio e nella solitudine sia Gesù che i nostri intercessori presso Dio hanno trovato la “carica” per affrontare la loro giornata, le loro relazioni, i vari eventi della Loro vita. È qui che hanno imparato ad amare e lasciarsi amare, ad ascoltare, a donarsi e a perdonare…

Anche per noi cristiani, allora, diventa fondamentale trovare spazi di solitudine e silenzio, anche e soprattutto  oggi che siamo “bombardati” da messaggi e voci di vario tipo e spesso circondati da ansia, frenesia, ecc. Un luogo solitario, ma soprattutto la capacità di ritagliarci momenti di solitudine e silenzio, vincendo l’ardua battaglia con i molesti pensieri della quotidianità, che ci distraggono. Solitudine e silenzio diventano così spazi abitati da Dio e possibilità di recuperare noi stessi e crescere in umanità. Tutto questo non è semplice, né scontato, richiede un cammino graduale e paziente, ma è fondamentale per la nostra vita spirituale. Il Signore doni anche a noi, come a San Francesco, di “essere non tanto uomini e donne che pregano, quanto piuttosto noi stessi tutti trasformati in preghiera vivente” (cf. FF 682).

Maria Rosaria Cappello

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CAPPELLO MRMaria Rosaria Cappello, di Monteroni (Lecce), ha insegnato Storia e Letteratura in istituti superiori delle province di Lecce e Brindisi. Ha fatto studi umanistici, si è laureata col noto pedagogista Salvatore Colonna, suo concittadino, presso l’Università del Salento. E’ impegnata in ambito ecclesiale: membro dell’Adma, catechista ed animatrice. Ha l’hobby della poesia. Ha curato per diversi anni la redazione della Rivista dell’Istituto “Vittorio Bachelet” di Copertino, dove insegna attualmente

Nervosismo ed irritabilità

Periodicamente le statistiche ci dicono che i farmaci più venduti, in Italia e nel mondo “evoluto”, sono gli psicofarmaci: antidepressivi ed ansiolitici soprattutto. Questo è assai triste e sintomatico. Segno di una civiltà preda del nervosismo, della irritabilità e degli istinti. E di una umanità che si è progressivamente allontanata da Dio e che, pertanto, non può che perdere la pace del cuore. Questa “diagnosi” venne formulata dal Signore in persona! Rida pure chi vuole ma Gesù ad una mistica, perseguitata ed arrestata dal regime ateo  comunista durante i diabolici decenni di dittatura sovietica, rivelò fra le altre cose, proprio queste considerazioni sui nervi scossi, l’abbandono agli istinti, l’irritabilità. E ne diede una mirabile via d’uscita. Buona lettura.

 

Gesù:  “Io Sono Dio perfetto e uomo perfetto. Io Sono il Creatore, ma anche il Redentore e il divinizzatore della natura umana. Mediante la mia incarnazione di Figlio di Dio, la natura umana fu ristabilita nella sua integrità ed armonia originale.

Il peccato ha causato lo squilibrio nell’essere  dell’uomo. Ha sconvolto l’ordine. Il corpo, gli istinti animaleschi, i sensi, i nervi, le passioni non sono più sottomesse allo spirito e alla grazia, da Adamo ed Eva fin a oggi.

Io, Dio-Uomo, sono il riparatore ed il rinnovatore della natura umana caduta. Mediante la vita, la passione, la morte e la risurrezione mia, voi, uomini, potete dominare, trionfare sulla vostra natura disordinata. E dunque anche sulla irritabilità.

In questo XX secolo tanto agitato, tanto rivoltoso e rovinato dall’incredulità e dall’odio, da malattie e ingiustizie, dalla cupidigia di ricchezza e di potere, da conflitti e da rivoluzioni sociali, da persecuzioni o pressioni, da miseria materiale e morale, da guerre e calamità, da terremoti distruttori e da altre disgrazie, il sistema nervoso degli uomini è sovreccitato e rovinato.

Eppure, io voglio fare dei santi anche da questi esseri umani agitati e nervosi, perché io prendo gli uomini tali e quali essi sono nelle diverse epoche, rendendoli come  essi non sono, cioè simili a me.

Tutti i nervosi del secolo XX io li chiamo alla preghiera ed alla Adorazione Eucaristica, unico sedativo contro il nervosismo. Il solo trattamento efficace con cui si possono dominare i nervi eccitati degli uomini dell’età presente è questo.

SUOR IONELA 1964

Suor Maria Ionela Cotoi – A lei Gesù ha donato mirabili rivelazioni.

Il nervosismo, il lasciarsi guidare dai capricci dei nervi, è una grande sciagura personale, famigliare, sociale e comunitaria. Essa arreca danni enormi e rovine immense, spirituali e materiali.

Occorre dunque condurre una lotta eroica contro il nervosismo anche nel campo naturale, medico e psichico, ma soprattutto nel campo spirituale, nel campo della grazia.

Io guarisco il nervosismo in ogni persona che con umiltà riconosce il suo stato morboso e con fede e amore vivo si affida al mio amore, obbedendo a coloro che sostituiscono me nella guida delle anime. E siccome il nervosismo non sopprime la libertà, io domando anche lo sforzo energico della volontà dell’uomo sostenuto dalla Grazia. In unione con me, mediante la mia amicizia eucaristica, il nervosismo è vinto e tutta l’energia vulcanica dei nervi viene adoperata per la santificazione dell’anima per la mia gloria.

Tu, anima adoratrice, che porti i segni di questo secolo nervoso, hai lottato contro il nervosismo? Sai che devi condurre una lotta dura per essere santa così come ti vuole la Provvidenza per questo secolo?

Non scoraggiarti. Continua a combattere. Io trionferò in te e con te, aiuterò i nervosi a correggersi. Ricondurrò il mondo nervoso alla realtà della vita eucaristica, alla pace senza nervi e alla tranquillità dell’Adorazione perpetua.

Certamente lottare contro i propri nervi quando sei assalita dal nervosismo è una Grazia, una fortezza e una volontà ferma di essere come io ti voglio: anima adoratrice, cuore contemplativo e vittima di immolazione con la distruzione dell’indole nervosa.

Io Sono la tua quiete e quella di ogni uomo che mi segue e fa attenzione alle mie parole e ai miei consigli. Coraggio!

SILVANA DE MARI – La letteratura fantasy e Arduin il rinnegato

Parliamo di fantasia, di coraggio, di filosofia e di letteratura. Parliamo di elfi, di orchi, di magia e di uomini. Parliamo di pace ma anche di armi, perchè Arduin è un guerriero. Ma soprattutto parliamo delle persone, della loro anima.

I nostri libri sono più intelligenti di noi, sono più coraggiosi di noi. Ma a furia di scriverli anche noi diventiamo un po’ più coraggiosi.

Io sono debitrice ai miei personaggi, è stato un onore raccontare la loro storia, perchè in qualche maniera, mi hanno lasciato un po’ de loro coraggio. ​​​​​​​

Silvana De Mari

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Arduin il Rinnegato

il nuovo fantasy di Silvana De Mari

prequel dell’Ultimo Elfo

La guerra è “la più bestiale idiozia”, lo è sempre. Anche odiare il diverso, chi non ci somiglia, è una idiozia altrettanto bestiale. Rendersene conto permette non solo di essere migliori, ma di comprendere quanto una società fondata sull’accettazione delle personali differenze sia l’unica destinata a sopravvivere. Questo è il messaggio che Silvana De Mari racchiude nel suo nuovo romanzo, Arduin il Rinnegato, in uscita giovedì 16 novembre per le Edizioni Ares.

 

torna in libreria arduin il libro silvana de mari

(Edizioni Ares, pp. 480, € 19)

Un romanzo dove il fantastico incontra la metafora mettendo al centro della storia la figura di Arduin, le sue origini e il suo lento trasformarsi da orco ottuso e feroce a dio della guerra illuminato, pronto a salvare gli uomini e il loro regno per amore di Giada, principessa del Regno degli Uomini. Pronto a rispettarne la diversità e l’unicità, pur non svendendo la sua intima natura di orco. Una posizione che lo trasforma in rinnegato agli occhi della sua stessa razza, ma per una giustizia e un fine che travalicano l’idea della razza come la cecità dell’odio.

Collocazione temporale

Il nuovo romanzo è, per traccia temporale e contenuti, il pre-prequel de L’Ultimo Elfo, cui si lega attraverso l’elemento della Profezia, quella in cui «in uno dei futuri possibili, un orco salva gli uomini. E una volta successo questo, allora diventa possibile il seguito della storia».

Ma è anche il pre-prequel, per traccia temporale, di Io mi chiamo Yorsh, col quale al contempo corre in parallelo, formando una narrazione ‘a forcella’, poiché in quest’ultimo la parte contenutistica segue una sottotrama, che pure si rinsalda al romanzo L’Ultimo Elfo.

Da Arduin, infatti, si dipana l’albero genealogico di Rankstrail e di Rosalba, indimenticati protagonisti della saga; a Yorsh si collega invece l’albero genealogico del suo omonimo, il quale sarà anche l’ultimo essere appartenente alla specie elfica.

 

La vicenda

De Mari fa crescere di pagina in pagina il legame profondo che si viene a creare fra Giada e Arduin, fra quest’ultimo e il popolo degli uomini. Lo fa saldando il fantasy con la medievale narrazione cavalleresca, l’unicità dei suoi personaggi con una superiore comprensione di quanto l’altro da sé non sia mai il vero nemico. Spesso il vero oppositore, infatti, alberga nelle idee cui ci hanno abituato a credere in maniera acritica.

Arduin il rinnegato è l’ennesima conferma della capacità di De Mari nell’imbastire trame complesse e nel proporre personaggi dalla psicologia sfaccettata. È qui, in questo riflesso fantastico della nostra realtà, in questo mondo cruento eppure umanissimo, che l’autrice delinea ‘la spirale’ metafisicamente evolutiva che lega i quattro popoli del suo universo fantastico. Un mondo che cade nell’oscurità e che da esso risorge ciclicamente, anche se “ha bisogno di un salvatore per rialzarsi”. È qui che, secondo De Mari, “la Grazia irrompe sulla scena. La Grazia è un orco ragazzino invincibile e visionario che non permette guerre dove vengono sacrificati bambini”. I bambini, il futuro del mondo che, fuori dalla metafora testuale, sono anche quelli del nostro mondo.

Con Arduin il rinnegato, la spirale narrativa iniziata con L’ultimo Elfo trova il suo compimento epico e romantico al tempo stesso. Con un messaggio chiaro: unire i nostri destini, a prescindere dalle razze, per un futuro di pace e di civiltà.

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Biografia dell’Autrice

genitori adottivi chiacchieriamo di fantastico con silvana de mari

Silvana De Mari è un medico. La sua prima specializzazione è stata Chirurgia Generale. Ha lavorato in Italia e, come volontaria, in Etiopia. Successivamente si è dedicata alla psicoterapia.
Ha scoperto Il Signore degli Anelli quando si è laureata e lo portava con sé durante le guardie in ospedale per darsi forza. È stato allora che si è resa conto della finzione del poema epico e quindi del fantasy: dare coraggio. Così ha deciso, vent’anni dopo, di far parte di questo mondo, cimentandosi come scrittrice, affermandosi autorevolmente in Italia e all’estero con traduzioni in venti lingue.

Per Salani ha pubblicato L’ultima stella a destra della luna (2000), La bestia e la bella (2003), L’Ultimo Elfo (2004). Quest’ultimo le ha avvalso il Premio Andersen e il Premio Bancarellino e ha inaugurato l’esalogia, tradotta in 21 lingue, che è proseguita con L’Ultimo Orco (2005) e Gli Ultimi incantesimi (2008).

Per Fannucci, sono usciti invece Io mi chiamo Yorsh (2011), L’Ultima Profezia (2010, pubblicato anche in audiolibro con la cantante Mietta come voce narrante) e L’ultima Profezia-L’epilogo, sempre appartenenti all’eptalogia, e poi Il gatto dagli occhi d’oro (2009, ripubblicato nel 2015 da Giunti) e Il cavaliere, la strega, la morte e il diavolo (2009).

Per Effatà ha pubblicato Giuseppe, figlio di Giacobbe (2014), mentre per Giunti ha inaugurato nel 2015 la serie di Hania, che al momento si compone dei volumi Il Regno delle Tigri BiancheIl Cavaliere di Luce e La strega muta.

Per quanto riguarda la saggistica, ha pubblicato Il drago come realtà (Salani, 2007) e La realtà dell’orco (2012, Lindau).

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Le Edizioni Ares sono nate nel 1956 per promuovere una cultura di ispirazione cristiana aperta al dialogo rispettoso della propria e altrui identità. La cultura si fa pagina dopo pagina: da allora le Edizioni Ares hanno proposto riflessioni e approfondimenti in volumi di saggistica filosofica e teologica, di spiritualità, di letteratura, di pedagogia, di storia, di analisi della contemporaneità. Il confronto più immediato, talora graffiante, con l’attualità, è affidato a Studi cattolici, mensile di studi e attualità.

ares logoL’Ares – Associazione ricerche e studi – è stata eretta in ente morale con Decreto del Presidente della Repubblica n. 549 del 27 gennaio 1966

Cesare Cavalleri è dal 1965 il direttore di questa realtà.

cc

Cesare Cavalleri

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“De Profundo” e “Creato” : due brevi liriche di Maria Rosaria Cappello

DE PROFUNDO

Dall’abisso del mio niente

a Te mi aggrappo, o mio Dio.

O Signore, ascoltami.

Ascolta il dolore nella mia voce.

Se consideri i peccati nostri, Signore,

Signore, chi si potrà salvare?

Ma  Tu sei la Misericordia,

perciò avremo per Te il Santo Timore.

Io spero nel mio Signore,

l’anima mia spera nella Parola di Verità.

Lìanima mia attende il Signore

Come la sentinella il nuovo giorno.

Come Israele, spero nel Signore,

perché presso di Lui è la salvezza

e il perdono di ogni colpa pianta.

Il mio Dio mi purificherà da ogni mia colpa.

campo di grano

 

CREATO

Tu, Eterno, hai creato il cielo e la terra.

ciò che respira e dà a noi la vita:

il cielo il mare il suolo l’aria puri.

Acqua da bere e per navigare,

terra per nutrirci e da esplorare,

cielo terso per Te contemplare,

nuvole nere da temer o sperar.

Cosa ho io fatto del Tuo Creato?

l’ho io distrutto e avvelenato;

ho sprecato tanto di ogni Tuo bene

pensandolo solo per me e non per altri,

poveri fratelli miei perché Tuoi figli

che soffrono per i nostri egoismi.

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Maria Rosaria Cappello, di Monteroni (Lecce), ha insegnato Storia e Letteratura in istituti superiori delle province di Lecce e Brindisi. Ha fatto studi umanistici, si è laureata col noto pedagogista Salvatore Colonna, suo concittadino, presso l’Università del Salento. E’ impegnata in ambito ecclesiale: membro dell’Adma, catechista ed animatrice. Ha l’hobby della poesia. Ha curato per diversi anni la redazione della Rivista dell’Istituto “Vittorio Bachelet” di Copertino, dove insegna attualmente.

ALBERI FRUTTUOSI – Una poesia inedita di Maria Rosaria Cappello

Siamo, o Dio mio,
per tua grazia, alberi fruttuosi.
E quando perderemo delle foglie,
siano esse come concime che nutre la fede,
che vogliamo e dobbiamo alimentare…
come il chicco di grano che muore
ma poi nasce una nuova vita.

ALBERO